Dopo una lunghissima assenza torno a scrivere qui caricando un lavoro che ho fatto per un esame al conservatorio. si tratta di analisi audiovisive di scene tratte da 3 film: "Billy Elliot" , "La Lupa" e "Taxi Driver". Tramite il il metodo delle mascherature ideato da Michel Chion ho compilato un grafico contenente tutte le componenti audiovisive delle scene. Alla luce dei grafici ottenuti (ed ovviamente della visione totale della narrazione filmica) si possono avanzare delle interessanti ipotesi sul come l'audio e le immagini interagiscano al fine di creare il senso nella scena ed in tutta la diegesi.
(cliccando sul nome del film si accede alla relativa scheda. cliccate sull'immagine del grafico per ingrandirla)
Billy Elliot
Analisi Scena: La scena presa in analisi si trova circa a metà del film, dura più o meno 3 minuti e ci mostra Billy e la sua insegnante che alla fine della lezione di danza si imbarcano a bordo di un traghetto diretti verso casa di Billy.
Tuttavia è necessario fare un piccolo passo indietro ad una breve scena che, sia a livello spaziale che a livello temporale, collega la scena dell'allenamento in palestra con quella del traghetto.
In questa manciata di secondi un'inquadratura fissa sul ciglio della strada ci mostra la macchina di Mrs Wilkinson che effettua una curva.
Nei primi secondi dell'inquadratura permane ancora la musica extradiegetica che aveva fatto da commento nella scena ancora precedente della palestra accompagnandoci dolcemente alla visuale della strada.
Dopo il breve rumore provocato dal passaggio della macchina nei pressi della curva dalla quale noi osserviamo , udiamo la voce di Billy domandare a Miss Wilkinson se può mettere un nastro nell'autoradio.
Se per un attimo ci si prova a staccare dal flusso narrativo e si presta attenzione al solo dominio uditivo appare evidente come il volume, il contenuto armonico e l'ambienza relativi al parlato, siano spazialmente disgiunti (in qualche maniera asincroni ) dall'immagine della macchina che passa lungo la strada.
L'audio del parlato in pratica ci è presentato come se noi fossimo all'interno dell'abitacolo della vettura assieme a Billy e la sua insegnante e non dal punto di visto della macchina da presa.
Subito dopo, un breve rumore, quello inequivocabile di una audiocassetta inserita in un mangianastri ci introduce alla musica che Billy vuole (farci) ascoltare.
Si tratta della cosiddetta immagine negativa, uno splendido esempio di come il rumore possa sostituire un evento, un immagine.
Ed ecco che finalmente l'ascoltiamo. Si tratta de “Il Lago Dei Cigni” (1876) di Čajkovskij (più precisamente l'Andante , Finale , scena 9) forse la composizione che nell'immaginario collettivo meglio si sposa con il balletto classico e più in generale con il gesto della danza.
Con uno stratagemma conosciuto fin dall'esperienza del muto, la musica va ad anticipare un momento saliente della narrazione (musica per la tensione drammatica per Manvell ed Huntley).
Mentre guardiamo la macchina scomparire in fondo alla strada comincia il tremolo degli archi ma è solo quando la macchina da presa stacca sull'ingresso del battello con un'inquadratura dall'alto che il tema di oboe fa la sua comparsa in perfetto sincrono (affatto casuale) con il primo strido di un gabbiano.
Nello stesso istante i timpani sembrano sottolineare o quasi sostituire il rumore delle ruote dei veicoli che impattano sul pavimento metallico dell'imbarcazione mentre salgono a bordo. Suoni percussivi che tra fanno da preludio al gran tonfo che si accompagna all'inquadratura successiva segnalandoci la partenza del traghetto.
Ma torniamo al “Lago Dei Cigni”. Come per il dialogo dell'abitacolo, se lo si ascolta analiticamente è palese che il brano ci è presentato da subito ad una qualità di molto superiore a quella che potrebbe essere la riproduzione di una cassetta ascoltata in auto.
E' evidente perciò che si sta assegnando, in maniera psicoacustica, una grande importanza a questo brano nell'economia della scena.
Compilando un grafico dei segmenti relativi ai vari livelli audio-video salta subito all'occhio come anche solo proporzionalmente agli altri , il brano predomini le altre componenti del sintagma soddisfacendo a pieno l'idea di Asincronia di Chateau sia per quanto riguarda l'Inclusione (in quanto il brano ingloba immagini provenienti da altri momenti ed altri luoghi della narrazione) sia per quanto riguarda l'accavallamento (poiché è lampante la funzione di soundbridge).
Alla luce di queste prime osservazioni ci sembra che le immagini dello specchio d'acqua attraversato dal traghetto e sorvolato dai gabbiani si polarizzino (H.Pauli) grazie alla musica andando a coincidere con il lago musicato da Čajkovskij.
Per un attimo ci dimentichiamo che quello stridire in sottofondo appartiene ai gabbiani e possiamo quasi immaginare che siano proprio i cigni ad emettere i propri richiami.
In questa scena perciò la musica non si lega solo ad aspetti quali le immagini o l'azione filmica (come nella teoria di Zofia Lissa) che risiedono nel versante sensoriale opposto dei livelli video, ma, come descritto sopra, sembra andare ad interferire anche con rumori (i versi dei gabbiani), livello appartenente allo stesso versante.
Un crescendo dinamico della musica ci introduce al monologo di Miss Wilkinson che ci svela la trama del “Lago dei Cigni”. Questo segmento sonoro e la relativa inquadratura, sebbene non sincroni, rappresentano i due segmenti più lunghi nella scena dopo quello musicale; possiamo infatti riconoscere nel monologo di Miss Wilkinson il nucleo centrale della scena.
Qui infatti dopo aver intuito che il lago dei cigni rappresentava qualcosa oltre il suono On Air dell'autoradio, ci rendiamo conto che forse questa musica può andare ben oltre il commento musicale, poiché la musica, Miss Wilkinson ed il suo racconto confluiscono in un unico canale semantico sovrapponendo la vicenda della principessa-cigno alle vicende personali della stessa insegnate di Billy (nonché di Billy stesso).
Il meccanismo della citazione musicale ha perfettamente funzionato in questo caso andando ad instaurare una sorta di metalinguaggio dove quella musica con tutti i suoi significati rapportati al mondo della danza e la storia del “Lago dei Cigni” si vanno a legare alle vicissitudini di Miss Wilkinson.
E' forse un caso il fatto che quando alla fine del suo racconto la donna pronuncia le parole “una vera donna” lo stridire dei gabbiani, fino ad allora sempre presente, cessa improvvisamente per qualche secondo (forse ad indicarci la trasformazione da uccello ad essere umano) ?
Sul finire della scena non mancano altri saggi di asincronismo: un'altra inquadratura dall'alto verso il basso ci congeda dal traghetto di cui ascoltiamo nitidamente il tonfo dell'attracco senza che pero' questo sia successo anche sul piano visivo.
E' il tonfo stesso a fungere da soundbridge verso la casa degli Elliot dove la nonna di Billy sobbalza dal letto svegliandosi e interrompendo bruscamente le note di Čajkovskij.
E che sia stata proprio l'anziana signora (la quale proprio come Miss Wilkinson sognava il professionismo nella danza) ad interrompere il lago dei cigni, è anche questa solamente un'altra casualità ?
Dopo gli accostamenti simbolici a cui questa scena ci ha invitato abbiamo ragione di pensare che non lo sia.
Al di sopra della mera pratica compilatoria, qui la musica assolve a ben tre delle funzioni elencate da Aaron Copland nel suo articolo su New York Times :
Aiuta sicuramente a costruire il senso del film, è senz'altro il fondamento costruttivo della scena e inoltre ci aiuta a scoprire aspetti nascosti dei personaggi.
Il Lago dei Cigni tornerà ancora una volta nel film proprio sul finale dove un Billy cresciuto e realizzato professionalmente si prepara ad entrare sulla scena dell'adattamento dell'opera fatto da Matthew Bourne che nel 1995 che sostituì l'intero corpo di ballo femminile con ballerini maschi.
Ancora una volta l'opera del compositore russo si fa foriera di profondi significati; se nella precedente citazione aveva voluto risaltare il tema della realizzazione personale, qui aggiunge un ulteriore significato, quello dell'omosessualità , temi entrambi toccati a più riprese nel film.
Billy che durante la sua prima audizione dichiara di sentirsi “un uccello” quando balla, si troverà ad impersonare proprio un uccello, il cigno per l'appunto, dopo che Mrs Wilkinson, come quel traghetto della scena, l'avrà aiutato a sbarcare sulla sponda della realizzazione dei suoi sogni attraversando un mare di difficoltà.
Lei come la principessa del lago è stata ancora una volta sedotta ed abbandonata ma, almeno questa volta, è di sicuro riuscita a realizzarsi in parte anche lei attraverso Billy.
La Lupa
Analisi Scena:
La scena presa in analisi è quella che apre il film. In un campo di grano vediamo Padre Angiolino correre a perdifiato accompagnato da un ritmo terzinato suonato da strumenti a percussione che sottolinea perfettamente l'avanzare frettoloso del personaggio. Potremmo pensare che il sacerdote stia correndo a comunicare una bella notizia a qualcuno ma, dopo soli 8 secondi, sulle terzine delle percussioni fa capolino un flauto suonato nel registro acuto che con l'impiego di armonici e frullati delinea una melodia contorta ed ingarbugliata aprendoci al sospetto che padre Angiolino stia correndo per quei campi con dei pensieri tutt'altro che lieti per la testa.
Qualche secondo dopo si va a sovrapporre gradualmente alla musica anche il respiro affannoso del prete in continuo avvicinamento alla macchina da presa.
Don Angiolino giunge finalmente ad un rudere e, appoggiatosi ad un muretto per riposarsi dalla corsa, comincia a parlare rivolgendosi ad un interlocutore ancora invisibile a noi. “Voi...Voi...siete...il diavolo” dice il prete con la voce ancora rotta dall'affanno e l'occhio della macchina da presa si abbassa posandosi sull'altro termine del dialogo, una donna sdraiata scompostamente. Nello stesso istante in cui questa entra nell'inquadratura parte un tema eseguito due flauti (questa volta in un registro più grave, caldo, suadente ) che a distanza di quarta si muovono parallelamente con intervalli di semitono.
La suadenza del suono del flauto è intrappolata negli spazi stretti e angusti dei salti di semitono che contraddistinguono questa cupa melodia.
E' facile pertanto identificare questo come il leitmotiv della Lupa e di tutta la sua vicenda in cui sensualità , peccato e dramma si rincorreranno senza sosta per le strette viuzze del paesino entro quale la storia si svolge.
La scelta del flauto non è affatto casuale. Questo strumento infatti è in grado meglio di altri di mettere in risalto la componente del fiato, del respiro umano.
Se all'inizio è un intercedere confuso,tormentato e frettoloso proprio come la corsa di Don Angiolino , subito dopo si fa cupo, caldo e misterioso proprio come la lupa. Con il grafico dei livelli audio-video alla mano risulta evidente come almeno quantitativamente sia il respiro più che la componente verbale, la parola, a fare da padrona in questa scena. Questa precisa scelta timbrica sarà perfettamente evidente sul finale del film quando sempre al flauto sarà affidato il compito di sostituire gli ultimi affannosi respiri della vita di Gna Pina.
A livello globale la musica è una musica over , un commento musicale che, dato l'organico e lo stile con il quale si presenta (connotato dall'uso di particolari scale musicali) , assolve alla prima delle funzioni elencate da Aaron Copland, cioè quella di darci l'impressione di Epoca e Luogo.
Ci viene infatti naturale collegare l'ostinato delle terzine di tamburelli e tamburi a cornice alla tradizione della musica popolare del Sud Italia.
Per quanto concerne il segmento audio relativo ai suoni ed ai rumori vale la pena sottolineare l'importanza del suono delle campane e quello del vento che sembrano star lì a ricordarci della presenza di Dio e della sua disapprovazione per quelle vicende.
Il vento infatti tornerà anche più avanti nella storia; subito dopo il matrimonio tra Nanni e Maricchia il vento soffierà insistentemente fuori le finestre della casa della Lupa quasi d'accordo con sua figlia quando afferma “è sacrilegiu chiddu ca ficimu” .
Tornando alla scena presa in analisi, Don Angiolino torna in sé, destato da quel sonno lussurioso dal suono della campane del vespero suonate dal suo sagrestano. si ricompone e, scacciando e maledicendo la Lupa, si rimette a correre nuovamente ma questa volta lontano dal peccato, richiamato a casa proprio da quelle campane.
La Lupa resta sola sulle rovine. con un gesto che più volte le vedremo fare, si copre il capo con il suo scialle nero e comincia a cantare una nenia in dialetto siciliano:
“Jarofulu Pumpusu”, recita “duci ammuri, dimmilu tu comu ti divu amari . Tu ammucciuni m'hai rubato u cori e Iu ca vinni si mi lu voi turnari” .
Sebbene le immagini ci mostrino inequivocabilmente Gna Pina nell'atto di cantare , la riverberazione applicata alla voce e gli strumenti che a suo sostegno vi si aggiungono, ci indicano che la musica ascoltata è ad un livello superiore rispetto a quello di una semplice musica diegetica, In .
Neanche un mero commento musicale pero'.
Ci troviamo sicuramente davanti a quello che Miceli chiamerebbe un livello mediato . La musica cioè ci sta mettendo in contatto con una realtà più profonda non ancora chiara fino a quel punto, anticipandoci anche alcuni risvolti futuri:
Gna Pina non è semplicemente una Lupa, una donna mai sazia, una divoratrice di uomini, ma è una donna profondamente logorata da un conflitto interiore.
A conferma di questa funzione mediatrice tra storia, immagini e risvolti psicologici nascosti, sulle note tensive dell'orchestra fa capolino la voce del narratore extradiegetico che ci offre la descrizione fisica della Lupa proprio con le parole che Verga stesso aveva utilizzato.
Partono i titoli di testa e mentre Gna Pina si muove sullo sfondo di una collina al tramonto riparte il suo canto:“...tanti cori duri, sulu u to non si lassa tuccari . Ora ca mi ni vaiu cercanno ammuri , trovu la morte e nun mi poi salvari !”
A riprova della sua importanza, questo canto tornerà per altre due volte durante il film: una volta quasi ululato alla Luna mentre Gna Pina siede sulle tegole di un tetto e l'altra drammaticamente recitato quasi fosse un monologo shakespeariano .
In questo canto e nel papavero, rosso come il fuoco della passione ma anche come il sangue che sgorga dopo un atto violento , si cela il presagio dell'epilogo dell'intera vicenda
Taxi Driver
Analisi Scena:
La scena presa in analisi è la famosa scena del monologo di Travis Bickle davanti allo specchio.
La scena dura all'incirca 2 minuti ed è interamente ambientata nell'angusto appartamento di Travis.
L'unico personaggio coinvolto è Travis stesso che vediamo dialogare con la sua immagine riflessa nell'intento di incrementare la sua sicurezza e la sua autostima grazie all'arsenale di armi appena acquistate.
Questa scena non era prevista nel copione dove era indicato solo "Travis guarda in uno specchio" ma De Niro decise di improvvisare delle battute per calarsi nella personalità di Travis.
A Scorsese piacque così tanto che decise di tenerla nel montaggio finale.
Adottando il metodo delle mascherature di Chion è possibile compilare un grafico dei livelli audio e video. il grafico ci permette di visualizzare immediatamente le proporzioni tra i diversi livelli e di farci un'idea più chiara delle funzioni di ognuno di essi.
Per il primo minuto e mezzo, quindi per più di un ¾ della scena, ci sono pochi tagli e prevalgono inquadrature quali il mezzo busto ed il piano medio atte a risaltare le espressioni facciali ed il linguaggio del corpo, soprattutto la postura delle spalle e del busto.
Le uniche veloci inquadrature ravvicinate ci offrono dettagli della pistola di Travis .
La scena si apre proprio con un inquadratura ravvicinata della pistola di Travis che vediamo volteggiare tra le sue dita nonché riflessa nello specchio.
L'inquadratura successiva ci mostra l'immagine riflessa di Travis ripreso nel cosiddetto piano americano, inquadratura nata nei film western proprio per mettere in risalto il cinturone e quindi le armi da fuoco.
In tutta la scena prevalgono le inquadrature fisse tranne in due casi dove la macchina da presa compie un breve movimento verso destra.
Il primo dei due movimenti della macchina da presa si presenta subito dopo il piano americano:
la macchina da presa in 2 secondi circa si muove dallo specchio ruotando nella direzione opposta come per mostrarci l'altro termine del dialogo (o del duello) , lo stesso Travis , ma, a dispetto delle leggi del cinema, non ce lo mostra in maniera simmetrica rispetto all'inquadratura precedente, come a sottolineare il regime di anormalità che vige in questo capitolo della vicenda dell'insonne tassista newyorkese.
Lo specchio, parente stretto del vetro del taxi nonché del retrovisore, strumenti tramite i quali Travis osserva la realtà che lo circonda, qui ci offre le immagini di un uomo disadattato e con poco carisma in una reiterazione di movenze goffamente spavalde.
La staticità delle inquadrature e del posizionamento del soggetto sullo schermo va avanti fino a circa 30 secondi dalla fine della scena. Qui ci accorgiamo che l'impronta ed il ritmo del montaggio cambiano nettamente. Dagli stacchi netti delle inquadrature a cui eravamo abituati fino ad allora passiamo a due dissolvenze incrociate e ad un ritmo molto più serrato (ben 7 tagli in 26 secondi).
Eppure, nonostante l'intensificarsi del ritmo delle transazioni e lo spostamento della figura da destra a sinistra e da sinistra a destra, non si percepisce a livello ottico una accelerazione del ritmo narrativo ma, complici le dissolvenze, l'inquadratura dall'alto e la reiterazione dei movimenti di Travis, restiamo comunque immersi un regime di staticità.
Sul piano sonoro predominano 3 elementi: i rumori ambientali dell'appartamento e dei suoni che vi penetrano dalla strada, la voce di Travis ed un insistente quanto insolito ticchettio di un orologio.
Di tanto in tanto ascoltiamo il suono della pistola che spara (senza munizioni) e che viene ricaricata.
La voce di Travis alterna toni diversi che sono riconducibili a circa tre inflessioni differenti.
Possiamo catalogarle come rilassato/tranquillizzante , sorpreso/interessato e minaccioso/infastidito.
La famosa domanda “Ma dici a me?” è ripetuta per tre volte all'interno di un climax che salendo dal tono rilassato al minaccioso ci offre 3 versioni dello stesso interrogativo che implicano sempre di più un coinvolgimento personale nel modo di chiederlo.
Negli ultimi 30 secondi della scena farà la sua comparsa una voce a livello interno quasi sussurrata e molto tormentata che ci farà ascoltare i pensieri di Travis.
Una nota particolare la meritano sicuramente i rumori in questa scena in quanto almeno due di questi sono componenti predominanti a livello quantitativo nell'economia della scena.
Il rumore ambientale dell'appartamento assolve alla funzione primaria del rumore ovvero quella di rendere credibile le immagini rappresentate e dare continuità ed unità temporale all'interno delle transazioni della scena.
Il secondo rumore invece, quello dell'orologio è in una situazione più complessa che merita di essere analizzata più a fondo.
Si tratta di un suono esterno proveniente da una sorgente fisica ben precisa ?
Per quanto i nostri occhi riescano a cogliere dell'appartamento di Travis non ci sembra che vengano inquadrati mai degli orologi.
Si tratta allora di un suono acusmatico ?
Possiamo affermare con una certa sicurezza che non è così in quanto sebbene sia possibile ascoltare questo suono anche in un altra scena girata nell'appartamento di Travis, in altre non ve ne è traccia.
Potremmo definirlo un suono over ovvero un suono che solo lo spettatore riesce a sentire ma che non si colloca nella scena, sul piano della realtà .
Ma se ascoltiamo bene il suono c'accorgiamo di come il suo volume cresca in maniera lenta, minima ma progressiva.
Sappiamo da studi di Psicoacustica che se vogliamo che il nostro cervello non si distragga da un suono è necessario incrementarne costantemente l'intensità sonora di una piccola frazione.
E' perciò evidente che si vuole che questo suono sia al centro della costruzione audiovisiva.
Potremmo allora ipotizzare che si tratti di un suono metafora, un suono che è la rappresentazione della mente di Travis in quel momento, la materializzazione sonora di quel tarlo, di quei “certi cattivi pensieri” che rivelerà di fare ultimamente.
Sul finire della scena si instaura uno splendido gioco di scambi del filo narrativo dal piano visivo a quello uditivo e viceversa.
L'incessante ticchettio dell'orologio si spegne per lasciare spazio ad una musica di commento non meno angosciante in cui un'arpa, strumento tradizionalmente usato per descrivere la sfera onirica ,fantastica, si sovrapporrà alle stridenti note di fiati e legni nonché alle immagini di un Travis steso sul suo letto e dormiente.
I tagli più fitti sulle solite pose plastiche di Travis, le dissolvenze accompagnate dalla musica nonché i suoi pensieri colmi di rabbia, ci delineano un tipo di montaggio ellittico che vuole disorientarci sul piano temporale, farci perdere la concezione di quanto tempo abbia effettivamente passato quell'uomo a ripetere le stesse azioni, le stesse frasi, gli stessi pensieri.
“...Ho deciso di...” e torniamo immediatamente all'immagine di Travis riflessa dallo specchio accompagnati dal solito suono della pistola intuendo perfettamente cos'è che ha deciso di fare.
Alle parole “Sei morto!” segue il suono di urla di donne (un altro suono assolutamente inesistente sul piano reale e probabilmente anch'esso metaforico nonché premonitore di eventi) che funge da sound bridge verso la scena successiva.
Anche la musica perdurerà nella scena successiva operando il ponte sonoro ed accompagnando Travis versò il suo primo omicidio.